giovedì 2 gennaio 2014

L'ascesa di Renzi preludio al cigno nero italiano




Gli italiani paiono scegliere, immancabilmente, di tenere la testa nel dimenticatoio. Cullati dalle tv, assecondati dai giornali, imperterriti non vogliono sapere, vedere, capire, una semplice verità: i partiti politici sono delle aziende. Rispondono cioè a criteri autoreferenziali, che solo in piccola parte, o in maniera occasionale, possono coincidere con l'interesse comune, sociale, collettivo.
Hanno migliaia di dipendenti, fatturati miliardari, debiti enormi, ed una pletura di parassiti che gli gravitano attorno per racimolare quanto più è possibile; una carica, una tangente, un'assunzione, male che vada una cena a scrocco con tanto di 50 euro sotto il tovagliolo (Fiorito "Batman" docet). Vivono del flusso di denaro pubblico e della sua gestione; la capacità di gestire ed accrescere tale flusso è condizione per accedere ai vertici.
Vi è pure la necessità di ottenere consenso "pulito" all'interno del paese, cioè avulso da qualsiasi interesse diretto, e sostenuto dall'idea che possano, realmente, portare cambiamenti positivi e significativi. Questo delirio necessita di figure nuove, cui non possa essere rinfacciato di aver fatto le stesse promesse da tempo immemore. Non mi dilungherò su chi è Renzi: gli effetti della pillola azzura annullerebbero ogni tentativo raziocinante; mi interesserò invece delle conseguenze della sua elezione a segretario del Pd.
La crisi ha spinto il 25 % degli elettori a votare il M5S, unica forza del parlamento, piaccia o no, capace di cambiamenti radicali, non aveno cambiali da saldare a nessuna nomenclatura. Renzi è il designato capace di ritardare, e forse addirittura bloccare, tale avanzata. Un ottima scelta, per una serie di ragioni. Ha tutto l'interesse a sostituire tutto il gruppo dirigente del Pd ormai indifendibile, e poco importa se  il "nuovo" (vedi Serracchiani) puzza cosi tanto di vecchio; ai più sembrerà comunque un cambiamento. È un ottimo comunicatore, e colpisce Grillo nel suo punto più debole: il populismo.
Le sue dichiarazioni sulla riduzione del numero dei parlamentari, e magari pure degli stipendi, fomentano quella grossa parte dell'elettorato cui è stato fatto credere che questo sia il problema nei conti dello Stato. È persino possibile che ottenga un qualche provvedimento in tal senso; sarebbe un'operazione di facciata utile a tutta la casta.
E mentre i tg mentono spudoratamente e le banche devastano l'economia, il paese affonda. Le Pmi, massima forza e perno del nostro sistema, stanno cedendo, cosi come le famiglie, cui l'atavica propensione al risparmio ha consentito di resistere fino ad ora. La totale paralisi della giustizia consente alla classe dirigente parassitaria politica ed economica di prosperare comunque; i segnali di ripresa sono invenzione del ministro dell'economia di turno. Si prospetta all'orizzonte la tempesta perfetta. L'Italia non ha il sistema di tutele di altri paesi europei, né la vera liberta d'impresa, ostaggio delle lobby. La produzione industriale non esiste più, e i migliori marchi sono preda degli appetiti esteri. Non ci sono ragioni logiche perché la situazione migliori.
Vi è, invece, la considerevole possibilità che il sistema imploda, con conseguenze che gli "esperti" possono solo immaginare di prevedere: uno scenario da "Cigno nero". L'ascesa di Renzi è propedeutica a questo evento; può infatti ritardare sine die la rivoluzione copernicana di cui abbiamo bisogno; può addirittura preludere ad un altro ventennio da terza repubblica. Può, sostanzialmente, trascinarci in un vortice devastante, in cui cadremo cullati dai tg, rassicurati dai giornali, accompagnati da annunci di prossima prosperità.
Buon anno a tutti...