giovedì 13 dicembre 2012

Le ragioni di Grillo e i torti dei "dissidenti"


Sondaggi alla mano, nell'ultimo mese il M5S ha perso diversi punti percentuali nelle intenzioni di voto, scese vicino al 16%. Pur nella complessita' degli umori dell'elettorato, e' facile evincere che le polemiche interne al movimento abbiano fortemente contribuito a determinare questo (momentaneo) trend discendente. La "cacciata" dei consiglieri ribelli Favia e Salsi, e' stata il culmine di accese polemiche tra Grillo e alcuni degli eletti piu' noti.
Autorevoli (...) commentatori del "Corriere e di "Repubblica" si sono affrettati a sottolineare le ragioni dei dissidenti, regalando ampio spazio alle loro esternazioni. Segnatamente, Favia ha dichiarato che "La chiusura genera mostri", mentre la consigliera Salsi ha prima detto che "Siete peggio dei vecchi partiti", poi, in un ( ennesimo) fuorionda ha esclamato "Il movimento fara' una brutta fine". Leggendo le dichiarazioni dei due personaggi, un pensiero mi nasce spontaneo: manca l'oggetto del contendere. Non vi e' posizione alcuna sui temi del movimento come energia, ambiente, mobilita', alla base delle proteste; le ragioni della nascita del movimento ed il suo percorso non sono neppure sfiorate dalle invettive rivolte a Grillo.
Si contesta solo e soltanto la questione della democraticita' interna; non che sia argomento da poco, ma a me, simpatizzante disincantato con il ruolo di spettatore, sembra abnorme il risalto cui viene dato rispetto alle priorita' del movimento. Il programma del M5S, pur con mille limiti e una gigantesca lacuna ( sulla giustizia..), e' largamente appoggiato dalla base, che ha comunque contribuito a crearlo; chi altro in Italia potrebbe vantare un progetto anche lontanamente simile in termini di partecipazione e condivisione? Che poi sia di estrema difficolta' raccordare milioni di opinioni espresse in rete e' cosa naturale; quando mai potra' succedere che qualcuno non si senta abbastanza ascoltato?
Lo scopo, l'obiettivo e la natura stessa del M5S sono di altra portata: cancellare la casta, costringere la classe dirigente ad attenersi a criteri morali e comportamentali di diverso livello, dare reale rappresentativita' alla cittadinanza. Ad ostacolo del cammino si ergono la partitocrazia, i media, i poteri forti, e due punti di fragilita' interni: il mandato a termine e la voglia di protagonismo e personalizzazione. Chi lascera' con un sorriso ogni incarico pubblico dopo 8 anni in ottemperanza alle regole del movimento? Quanti occupandosi della cosa pubblica sapranno farlo nell'ombra senza sfruttare la visibilita' che questa regala?
Favia e Salsi rappresentano, in questo senso, il perfetto protipo del problema, che non tardera' a ripresentarsi piu' e piu' volte. L'uno, ha iniziato le esternazioni sui presunti problemi di democraticita' ormai vicino alla scadere temporale del termine massimo di incarico; l'altra, dopo aver partecipato ad un "dibattito" in tv, ha cavalcato le polemiche che sono seguite acquisendo una notorieta' sempre maggiore. Entrambi hanno arrecato al movimento ingentissimi danni, e in termini di voti, ed in termini di credibilita'. Sono stati liberamente scelti ed eletti tra cittadini perfettamente sconosciuti e lontani dai centri di potere; in cosa consisterebbe la mancanza di democrazia nei loro confronti?
E davvero e' ragionevole pensare che la maggior parte degli iscritti siano piu' preoccupati della democrazia interna che dalla necessita' inderogabile di apportare dei cambiamenti significativi nelle Istituzioni? Le domande sono retoriche, e ne pongono invece una reale: chi proteggera' il movimento dai danni dei suoi dissidenti? La rabbia di Grillo e' genuina; una volta di piu', sta' dalla parte della ragione.

domenica 9 dicembre 2012

Monti si dimette: il Caimano a mollo con i pirahna



In Italia, le dimissioni suscitano sempre grandissimo clamore, tanto  e' la disabitudine. Persino un Presidente del consiglio nei fatti sfiduciato, presentandosi dimissionario riesce a proiettare un'immagine di dignita' e coerenza, piuttosto che di rassegnazione. Ma Monti non e' uno sprovveduto, e ha saputo cogliere la palla al balzo. Mister B., dal canto suo, progettava di togliere la fiducia all'esecutivo da chissa quanto tempo, finito il sollazzo dei Resort africani. E pure la ricerca di un candidato di facciata, non ha mai avuto la serieta' la concretezza per andare a buon fine. L'uomo, prima ancora del politico, ha un ego talmente irrefrenabile da poter escludere qualsiasi pensionamento volontario.
Il suo progetto e' chiaro: fomentare gli istinti piu' biechi dell'elettorato contro le tasse, la giustizia, l'euro, millantando, ancora una volta, ricette diverse e miracolose che regalino a tutti l'insostenibile. A suo seguito la potente macchina da guerra di Mediaset, che immaginiamo allertata, dai Tg ai programmi di intrattenimento, alla ricerca spasmodica di slogan e argomentazioni propedeutiche alla causa. Ma anche altre sono le motivazioni della brusca accelerazione; tacitare qualsiasi tentativo di rinnovamento boicottando le primarie, mantenere una legge elettorale che gli consente di scegliere gli eletti, e di riuscire a essere determinanate al Senato anche con il 27% dei voti.
Senza contare gli effetti positivi della mancata asta sulle frequenze televisive, e del rinvio sine die del taglio delle province, con conseguenti brindisi di esponenti della casta di tutte le (presunte) ragioni politiche. Al seguito un manipolo di fedelissimi, da Capezzone alla Gelmini, e tanti "impresentabili", da Verdini a Dell'Utri, desiderosi di un seggio che li ripari dalle disavventure giudiziarie piu' disparate. Mai come ora, il Cavaliere e' fragile ed in balia dei ricatti; quelli dei vari personaggi vicini alle vicende delle escort; dei tanti "amici" sotto la lente della giustizia, e di un apparato che rischia di scomparire da un giorno all'altro, se dovesse diventare chiara la drastica riduzione delle poltrone e delle spartizioni.
Mai come ora la politica e' fatta di interessi privati e lotte di potere, e la crisi e la mancanza di suffragi potrebbero ridurre di molto l'appeal di B. per le forze votate alle spartizioni clientelari. Un assaggio e' stato il voto della Sicilia, dove, per la prima volta, i carcerati si sono disinteressati in massa dei seggi. Ed in questo senso si colloca la manovra di Monti; accelerare le elezioni, accreditandosi come leader, di lista o virtuale, di una nuova area moderata che prenda il posto dell'ormai morente Pdl. Da Montezemolo a Passera, passando per gli ex an, sono ormai diversi gli esponenti che mirano a questo progetto, collocandosi , per interessi e area d'appartenenza, negli stessi spazi occupati dal Caimano. Nessuno sconto, ma anzi una possibile convergenza di interessi contro B., ormai impresentabile e ottimo capro espiatorio di una crisi economica senza precedenti e, per il momento, senza via' d'uscita.
Non che il Cavaliere sia scevro da colpe, ma farlo passare per unico responsabile gioverebbe al Pd altrettanto colpevole, e a Monti, reo di scelte economiche impudicamente ed univocamente gravose per i ceti medio-bassi. Senza piu' il controllo della Rai, attaccato dalla stampa internazionale e dai mercati, inviso ormai financo alla Chiesa, il Pdl potrebbe scendere sotto la fatidica soglia del 10%, che il probabile governo Monti-Pd renderebbe sostanzialmente inoffensivo. Il Caimano si e' gettato nuovamente di slancio nella mischia, ma in maniera scomposta, e attorniato dai pirahna; il rischio e' che a breve ne resti ben poco. Non ne sentiremo la mancanza.