sabato 29 settembre 2012

Pecunia non olet

 
Sono moltissimi gli estimatori di Monti nel nostro paese: il 37% sarebbe contento di una sua riconferma. Tuttavia, anche i fans più scalmanati dovranno convenire che tra le dichiarazioni dell'8 settembre, “nessun dubbio, il mio orizzonte politico finisce ad aprile 2013”, e quelle di ieri, “prenderei in considerazione un secondo mandato”, ci corre una differenza sostanziale che qualcuno potrebbe chiamare voltafaccia. Eh sì, perché un conto è relazionarsi come tecnico salvatore della patria, disponibile (bontà sua) solo per un determinato lasso di tempo, un altro è comportarsi da consumato politico e annunciare la propria candidatura giusto in tempo per l'inizio della campagna elettorale.
E' proprio questo il punto: gli italiani pensano ancora che il governo Monti sia tecnico e non politico? A giudicare dai sondaggi, pare proprio di sì. Si sbagliano; quale la differenza?
Un tecnico guarderebbe agli interessi generali del paese cosi come a quelli di un azienda, valutando cioè le modalità di intervento per obiettivi a breve, medio e lungo termine, a prescindere dagli effetti sulle singole classi sociali coinvolte. Un politico porrebbe invece una maggiore attenzione ai problemi contingenti per attrarre consenso immediato, e salvaguarderebbe prioritariamente i suoi elettori, considerandoli i suoi referenti privilegiati.
A quale categoria possiamo ascrivere il comportamento del Presidente del consiglio? Monti è intervenuto per i fabbisogni di cassa immediati su iva, benzina, casa, ma ha tralasciato la patrimoniale, le pensioni d'oro, la tassazione dei capitali scudati, i privilegi fiscali alla chiesa; non sarebbero stati ugualmente remunerativi? Pecunia non olet.
E il libero mercato tanto invocato? Nelle sue ”riforme” non c'è traccia di provvedimenti su banche, assicurazioni, ordini professionali, petrolieri. Ha dimenticato anche che il patrimonio delle concessioni pubbliche è appaltato a prezzi di saldo, e che i grandi monopoli delle autostrade, del gioco d'azzardo, delle frequenze tv, sono state assegnati senza mai essere stati oggetto d'asta. E' più semplice abolire l'articolo 18; ma serve ad aumentare la concorrenza, o i profitti delle aziende?
La politica, il governo della cosa pubblica, non è una discussione retorica amabilmente intrattenuta davanti un tè. È un durissimo scontro di interessi – quasi sempre contrapposti – tra le diverse componenti della società. Il tecnico, è diventato un politico, che agisce come referente di alcune categorie e non di altre, incurante dell'interesse generale; è utile solo alla partitocrazia, ormai consociata alla luce del sole pur di sopravvivere a se stessa.
Le prossime riforme strutturali di lungo periodo, possono essere un ulteriore taglio del welfare, del diritto alla salute e alla pensione, oppure possono riguardare la burocrazia, la criminalità e la corruzione, fomentata da una macchina della giustizia scientemente resa inefficiente. Queste ultime tre voci concorrono per 150 miliardi all'anno sul bilancio dello stato, come certificato dalla Corte dei conti; lo sa anche Monti, che pure a riguardo ha brillato per la totale assenza di iniziative.
Dove andrà a parare il prossimo governo? E' una domanda tristemente retorica, che si dovrebbe porre il restante 63% dell'elettorato; nel frattempo, gent. professore, abbia almeno la decenza di smettere di dichiararsi tecnico.

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