lunedì 17 settembre 2012

Favia e Donati, ovvero il trasformismo ai giorni nostri



Molti sognatori della politica a seguito dei sondaggi della settimana scorsa hanno fatto parecchi voli pindarici; un'eventuale lista comune M5S-Idv potrebbe risultare il partito più votato ed accedere al premio di maggioranza relativa, davvero un bel colpo.
A frenare questa allettante casualità si frappongono però diversi ostacoli: dei media tradizionali compattamente ostili, il possibile vaglio di una nuova legge elettorale studiata appositamente per evitare questa possibilità, e delle problematiche interne che forse, qualcuno, rischia di sottovalutare.
Già dai tempi del fragoroso applauso dell'assemblea all'annuncio dell'appoggio alla candidatura dell'inquisito De Luca, si capiva che qualcosa nei ranghi dell'Idv, tra base e vertice, non quadrava. Si percepiva infatti una volontà di uscire dalla protesta oltranzista, per partecipare in maniera più "morbida" all'avventura politica.
L'onorevole Donati si è fatto promotore di queste istanze e ha cominciato a smarcarsi dalle posizioni del suo leader; le ultime esternazioni di venerdi scorso, alla "Zanzara", nulla hanno da invidiare al Capezzone dei tempi migliori: "Ingroia parla troppo, i magistrati dovrebbero parlare con le loro sentenze non concedendo interviste a tutti i giornali, televisioni o feste di partito”. Si rivela ipercritico anche nei confronti di Grillo: “Tra lui e Casini” – dichiara – “scelgo certamente Casini, perché si tratta comunque di una forza responsabile. Grillo porterà in Parlamento delle persone per caso, una classe dirigente senza esperienza e competenza politica. E’ una forza politica totalmente incompetente a governare”. Il politico esprime commenti polemici anche nei confronti di Di Pietro: “Prima si toglie il suo nome dal simbolo del partito, meglio è – afferma -. Gli altri partiti che lasciano il nome del leader sul simbolo sono ridicoli. Io sono contrario ai partiti personali”. Infine, stoccata poderosa alla linea politica della segreteria: “Le scelte sono state sbagliate, hanno allontanato la prospettiva di un’alleanza di centrosinistra".
Dunque Donati è rappresentativo di una una frangia interna, che bolla il ruolo di eterna opposizione come superato, e che rivendica la necessità di un accordo con il Pd per far parte del nuovo esecutivo. Posizioni a dir poco inconciliabili con la prospettiva di una coalizione che vorrebbe radere al suolo la casta. La vera questione è: quanto "pesa" questa posizione all'interno del partito?
La mia impressione è che valga più di quanto Di Pietro abbia preventivato; d'altronde, la selezione della classe dirigente è stato sempre il suo limite più eclatante.
Altri fantasmi agitano il movimento di Grillo che ha visto, in pochissimi mesi, un'ascesa di consensi tale da poter essere gestita molto difficilmente. L'esplosione del caso Favia pone fine all'idea di un movimento unitissimo e ci mette davanti ad una differente realtà.
Il mantra dell'impegno a termine del cittadino, espressione massima di forza e di debolezza dell'impostazione del M5S, comincia a mostrarsi in tutta la sua criticità. Favia, vicino all'abbandono forzato dalla politica per raggiunti limiti temporali, ed in prossimità delle elezioni nazionali, realizza un'azione da politico consumato. Organizza un falso fuori onda riguardo un problema reale di democraticità all'interno del movimento, per emigrare molto velocemente verso problematiche assai più prosaiche. Rilascia numerose interviste, partecipa a trasmissioni televisive, acquista visibilità. La sua pagina facebook aumenta da 18 a 15.000 contatti al giorno; passa da: "Sono pronto alle dimissioni", a: "Intorno a me sta crescendo un movimento, ho già pronta la mia corrente". E' pronto per il Pd, o per chiunque gli offra un opportunità; per statuto, la sua avventura in politica nel M5S volge al termine. 
Episodio a parte, era evidente che queste problematiche sarebbero, prima o poi, scoppiate nelle loro contraddizioni. Un movimento che si batte contro la casta ha la necessita di porre un termine alla partecipazione dei popri militanti all'interno delle istituzioni, ma allo stato dei fatti, chi rinuncerà con un sorriso ad un lavoro ben retribuito, interessante, e che regala visibilità e potere? Bene fa Grillo a mantenere la barra dritta su questo punto: nessuna deroga può essere concessa.
Favia è l'incarnazione del vero nemico del M5S: il rischio di "implodere", affermando personalismi che, in buona sostanza, sono gli stessi che vengono rinfacciati alla politica tradizionale. E' evidente che il dilagare di queste problematiche bloccherebbe, sul nascere, qualsiasi ipotesi di affermazione elettorale. Cittadini troppo attenti ed informati, non potrebbero accettare nessun compromesso su questo punto, né il tradimento dello spirito stesso del movimento, né la violazione delle regole che con tanta forza si chiede invece alla casta di rispettare. L'episodio del consigliere è la prova di un'"indietro tutta" generale; speriamo che Il M5S ne esca indenne.

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